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Gia Carangi modella e icona anni ’80, l’omaggio di Blogo nel trentennale dalla scomparsa
Gia Carangi modella, anima inquieta, icona inarrivabile di bellezza e trasgressione raccontata da Blogo in un articolo a lei dedicato
Era il 18 novembre 1986 e Gia Carangi, regina delle passerelle, nonché icona di bellezza dei ruggenti Eighties, si spegneva alla giovane età di 26 anni in una rigida mattina di Philadelphia, per complicanze dovute all’AIDS, contratta a causa di una vita vissuta al limite.
Super modella di fama internazionale, amata dalle più note maison couturier, venerata dai fotografi del fashion world, Gia è stata protagonista indiscussa di copertine e campagne pubblicitarie fra la fine degli anni 70 e gli inizi degli 80.
In questo periodo la Carangi si fa fautrice inconsapevole di un cambiamento epocale dell’immagine classica della top model, non più di stampo teutonico, fredda e distaccata come un manichino asessuato, ma forte, comunicativa, mediterranea e sensuale, in grado di conquistare e ammaestrare l’obiettivo fotografico con il suo sguardo.
Gia Carangi: l’adolescenza inquieta e l’omosessualità
[img src=”https://media.fashionblog.it/5/561/gia-carangi-modella-5.png” alt=”Gia Carangi e Sandy Linter” align=”center” size=”large” id=”438496″]
Figlia di un emigrato di origini di italiane e di una casalinga americana di stirpe gallese, Gia Carangi era la terzogenita di tre fratelli, bisognosa di amore famigliare mai ricevuto e forse, proprio in risposta a questo, anima inquieta e ribelle.
L’adolescenza di Gia scorre fra la tavola calda di papà, dove fa la cameriera e “The Bowie kids” un fan club nato in seno alla Abraham Lincoln High School, dove la Carangi era studentessa. Gia amava la musica e lo stile di David Bowie, ma anche l’ambiguità sessuale di quest’ultimo, in cui lei si riconosceva pienamente.
Fu in un gay bar del centro di Philadelphia che Gia conobbe all’età di 15 anni il suo primo amore, Sharon, che la seguirà a New York due anni dopo, quando la Carangi verrà presa sotto l’ala di Wilhelmina Cooper e scritturata dall’agenzia di moda della stessa, la Wilhelmina Models.
A farla notare dalle alte sfere della moda furono degli scatti “rubati” da un reporter locale sulla pista da ballo. Le foto conquistarono l’attenzione di Arthur Elgort, mitico fashion photographer, che la portò alla ribalta.
Gia Carangi: la carriera, ascesa e declino
[img src=”https://media.fashionblog.it/e/e50/gia-carangi-modella.jpg” alt=”Gia Carangi Vogue” align=”center” size=”large” id=”438497″]
Era il 1978 e una Gia Carangi appena diciassettenne già posava per un importante servizio fotografico firmato da Chris von Wangenheim, in cui le veniva richiesto di essere protagonista di scatti senza veli dietro ad una recinzione.
Lo shooting, che la ritraeva insieme a Sandy Linter, divenuta poi sua amante, porterà la Carangi nell’olimpo della moda, diventando musa di fotografi del calibro di Francesco Scavullo, Marco Glaviano o Richard Avedon, che la ritrarranno per le più importanti campagne pubblicitarie.
La bellezza conturbante di Gia Carangi, il suo sguardo fiero e il suo corpo perfetto iniziano a monopolizzare le copertine dei più blasonati magazine di moda come Vogue e Cosmopolitan e Gia è sempre più richiesta per l’advertising delle grandi firme, quali Giorgio Armani, Christian Dior e Versace.
La carriera della Carangi, la prima super top model ad essere definita tale, è però lastricata non solo di successi, ma anche di fragilità e vizi. Frequentatrice fissa dello Studio 54 e dei locali mondani di New York, Gia era solita abbandonarsi ai peccati del jet set: cocaina, sesso occasionale ed eccessi di ogni genere.
[img src=”https://media.fashionblog.it/7/77f/gia-carangi-modella-1.jpg” alt=”Gia Carangi Armani” align=”center” size=”large” id=”438498″]
La situazione precipita nel marzo del 1980, quando Wilhelmina Cooper, mentore e agente della ragazza, nonché figura quasi materna per Gia, muore di cancro ai polmoni, gettando la Carangi in uno stato semi depressivo.
Inizia qui l’uso e la successiva dipendenza di Gia dall’eroina, un legame fatale che si ripercuoterà sulla carriera e sulla vita della modella, la quale sarà spesso vittima di crisi di astinenza anche sul luogo di lavoro.
Lo stesso Francesco Scavullo, fotografo e amico della Carangi, raccontò che durante un servizio fotografico ai Caraibi, Gia ebbe una sfuriata isterica con urla e pianti perché non riusciva a trovare i suoi farmaci.
Resta inoltre tristemente indimenticabile una copertina di American Vogue del 1980 in cui, nonostante l’uso dell’aerografo, sulle braccia di Gia sono ben visibili i segni dei buchi delle iniezioni di eroina.
Gia Carangi: quel vuoto negli occhi
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Fra il 1981 e il 1983 la vita professionale di Gia Carangi è vittima degli alti e bassi derivanti dal consumo di droghe, alternati a periodi di sobrietà e ad altri vortici neri che la portano persino ad un arresto per guida in stato alterato.
Nonostante tutto l’aura splendente della super modella, seppur meno luminosa rispetto alle origini, le permette di vivere di gloria passata e di ottenere qualche lavoro sotto l’egida della Elite Model Management.
[img src=”https://media.fashionblog.it/0/005/gia-carangi-modella-3.jpg” alt=”Gia Carangi Cosmopolitan” align=”center” size=”large” id=”438500″]
Gia posa ancora una volta per Francesco Scavullo, che la immortala per un servizio firmato Cosmopolitan America. Sean Byrnes, assistente del fotografo poi dirà: “ho potuto vedere il cambiamento nella sua bellezza…sembrava ci fosse il vuoto nei suoi occhi”. Era il 1982 e quella fu l’ultima apparizione di Gia su una rivista americana, oltre che l’ultimo lavoro con Scavullo.
In realtà l’82 fu proprio l’ultimo anno in cui la Carangi prestò il volto alla moda. I suoi servigi, sempre meno richiesti, furono per grandi magazzini e cataloghi, davanti all’obiettivo di Albert Watson e per una campagna pubblicitaria per Versace con Richard Avedon.
Il fotografo la volle anche per la campagna successiva del marchio, ma Gia era ormai divenuta inaffidabile sul lavoro, tanto che Avedon fu costretto ad accontentarsi dei pochi scatti fatti prima che lei abbandonasse.
Gia Carangi: l’addio alla moda e a New York
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Agli inizi del 1983 il nome di Gia Carangi era diventato scomodo. Aveva provato a disintossicarsi dall’eroina, ma ci era puntualmente cascata più volte. L’ultimo servizio che la vedeva protagonista fu per Otto Versand, ditta di abbigliamento per corrispondenza, ma non fu mai concluso a causa della sua dipendenza da droghe.
A 23 anni la Carangi saluta per sempre New York e il mondo della moda, tornando a casa in Philadelphia, dove trascorre una vita fatta di amanti e lavori occasionali, con un solo punto fermo: il consumo di stupefacenti. La serie viene interrotta da una breve parentesi di disintossicazione, cui segue un nuovo declino nel baratro dell’ero.
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Nel giugno del 1986 Gia Carangi è ricoverata in ospedale dopo una notte passata sotto la pioggia battente. Riportava lividi evidenti da percosse e aveva subito violenza sessuale, probabilmente da parte del suo spacciatore.
Le analisi dichiaravano una polmonite in stato avanzato e una diagnosi di AIDS conclamata. Tanto la sua vita fu sotto i riflettori, tanto la sua morte fu tenuta segreta dalla famiglia per mesi, con la conseguenza che nessuno del mondo della moda seppe dei suoi funerali.
Lei, che sosteneva che una modella dovesse “creare stati d’animo” e non solo posare, perché “sono le emozioni che, come la moda, creano tendenze”, scivolava via nel più cupo silenzio, fra il dolore misto a vergogna da parte dei suoi e la completa ignoranza sul suo non esserci più da parte del resto del globo.
Gia Carangi: l’eredità e le tendenze anni 90
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Diceva Thomas Mann che la bellezza può trafiggerci come un dolore. Inutile sottolineare che la bellezza di Gia Carangi, così forte eppure così effimera, ha trafitto tanto in profondità il mondo della moda da lasciare non solo dolore ma anche profonde cicatrici.
Come detto la Carangi diede un nuovo spunto di riflessione sul mestiere di modella, sulla sua fisicità e sul suo saper essere qualcosa in più oltre all’indossatrice di abiti. In una decade in cui l’occhio ceruleo, il capello biondo e la posa statica andavano ancora per la maggiore nella fotografia couturier, Gia fu la rivoluzione che scompaginò l’ordine precostituito.
Il dopo Gia non poteva che mantenere questo nuovo status, portando le top model ad essere più dinamiche ed espressive dinanzi all’obiettivo fotografico. In tutto questo spunta una nuova protagonista delle passerelle, che sembra la reincarnazione stessa della Carangi e che, per questo, si merita il nome di Baby Gia, la bellissima Cindy Crawford, da tutti eletta come erede della super top di Philadelphia.
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Ma oltre a far nascere personaggi positivi (la Crawford incarnava la bellezza e la spigliatezza di Gia, ma senza i suoi stravizi), il dopo Carangi ha avuto anche parentesi negative, concretizzate nella tendenza heroin chic che prese piede negli anni 90 ed ebbe Kate Moss e Jaime King come sue icone.
Nel bene e nel male la figura di Gia Carangi, duale per sua stessa indole e quasi dicotomica, è stata un modello da imitare in molte delle sue sfaccettature emotive, così come anche nelle sue espressioni fisiche. Anima inquieta, passionale, autodistruttiva, regina di infelicità dagli occhi da cerbiatto, braccia scheletriche e labbra carnose.
Disperata quanto poetica, in una parola complessa, come solo Gia. Per questo anche perdutamente indimenticabile. Blogo la ricorda così, in bianco e nero e a colori, come gli scatti che in parte hanno reso celebri le sue contraddizioni.
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