Polemica Dolce&Gabbana, risponde il sindaco Pisapia
Gli stilisti chiudono i battenti delle loro boutique per protestare contro il Comune di Milano. La causa scatenante? Una dichiarazione infelice dell’assessore al Commercio.
Continua la polemica tra Dolce&Gabbana e il Comune di Milano. Stavolta è il sindaco Pisapia a rispondere alle accuse pubbliche lanciate dagli stilisti e alla protesta che ha visto chiudere le boutique milanesi in questi giorni:
Dolce e Gabbana se la prendono con la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, i pubblici ministeri e la stampa. Da ultimo con la città di Milano. Non è che stanno esagerando? Basta, gli indignati adesso siamo noi. Dolce e Gabbana dovrebbero chiedere scusa a Milano.
L’amministrazione arancione “sta facendo tantissimo per la moda”: si inizia con mercoledì, quando i più grandi nomi del made in Italy si daranno appuntamento con i rappresentanti del Comune per studiare una strategia di rilancio internazionale di Milano come capitale fashion. L’obiettivo è quello di sostenere il sistema moda e gli stilisti italiani. Alla faccia di chi sostiene che le istituzioni non danno il giusto valore alla moda italiana. E sebbene il marchio Dolce&Gabbana non faccia parte della Camera della Moda, l’amministrazione ha ribadito l’invito ai due stilisti. Avrà dunque fine la querelle? Chi lo può dire. Intanto l’account Twitter di Stefano Gabbana è un tripudio di cuoricini.
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Dolce&Gabbana chiude i negozi di Milano per protesta
Nella capitale italiana della moda succede anche questo, che per protesta vengano chiuse le boutique di Dolce&Gabbana. L’oggetto del contendere sarebbe una dichiarazione infelice fatta dall’assessore al Commercio del comune di Milano Franco D’Alfonso:
Non bisognerebbe concedere spazi simbolo della città a personaggi famosi e marchi vip che hanno rimediato condanne per fatti particolarmente odiosi in questo momento di crisi economica come l’evasione fiscale.
Il riferimento è agli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, reduci da una sentenza impietosa del Tribunale di Milano: un anno e 8 mesi per presunta evasione fiscale per circa un miliardo di euro. Assolti, invece, per l’accusa di dichiarazione infedele dei redditi perché il fatto non sussiste, ma saranno costretti a pagare una maxi multa di 500 mila euro alla Agenzia delle Entrate. Una persecuzione giudiziaria e mediatica, secondo gli stilisti:
Non siamo più disposti a subire ingiustamente le accuse della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, gli attacchi dei pubblici ministeri e la gogna mediatica a cui siamo sottoposti ormai da anni. Da ultimo, indignati per come siamo stati trattati dal Comune di Milano, abbiamo deciso di chiudere i negozi della città per i prossimi tre giorni a partire da oggi. Nonostante la nostra passione e il senso di responsabilità ci spingano a continuare a lavorare con la dedizione e la volontà di sempre, dichiariamo di esserci stancati delle continue diffamazioni e ingiurie che stanno togliendo serenità al nostro lavoro e ci stanno distogliendo dal nostro vero compito di stilisti. La chiusura dei negozi di Milano è un segnale del nostro sdegno.
L’assessore si giustifica dicendo che si tratta di una frase estrapolata da una conversazione informale, Stefano Gabbana si indigna pubblicamente tramite Twitter e ribatte con insulti (“Comune di Milano, fate schifo!”), il sindaco Pisapia cerca di mediare e di abbassare i toni (“Battuta improvvida, ma offese inaccettabili”). Nel frattempo lo stilista rincara la dose (“Fate schifo e pietà! Vergognatevi, ignoranti!”), mentre l’assessore alla Moda Cristina Tajani esclude responsabilità da parte dell’amministrazione (“le polemiche di queste ore non devono offuscare il positivo lavoro che l’amministrazione sta portando avanti per sostenere il sistema moda e anche l’immagine della città”). Insomma, una vicenda che farà parlare per giorni e che mette in discussione il rapporto tra la moda italiana e le istituzioni, già di per sé piuttosto spinoso.