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I tessuti naturali della moda eco: quali sono e come riconoscerli
Canapa, lino, bambù. Tutto quello che c’è da sapere sulle fibre naturali, materia prima necessaria per capi di abbigliamento sostenibili.
Si può parlare di tessuti naturali di origine vegetale o biologici solo quando esiste una certificazione che comprovi l’origine della fibra stessa. Questa è la prima, doverosa, premessa da fare quando si parla di moda ecologica. Non basta dire “100% cotone” per indicare una fibra naturale e sostenibile, anzi: giusto per sfatare un mito, il cotone è uno dei filati più impegnativi in termini di consumo d’acqua, di utilizzo di pesticidi, insetticidi e defolianti. Senza contare che le colture di cotone occupano il 2,5% della superficie agricola mondiale, causando seri problemi di siccità nelle regioni in cui viene coltivato per l’uso massiccio di acqua che deve essere impiegata per l’irrigazione delle colture. In altre parole, perché sia un cotone sostenibile e green, serve la certificazione biologica (come quella ICEA, per esempio) e, ad ogni modo, sarebbe un bene per il Pianeta investire sempre meno in abiti 100% cotone.
Il lino, a differenza del cotone, è per definizione una fibra naturale e sostenibile. Questo perché le colture di lino non necessitano di irrigazione, di defolianti e di pesticidi. Inoltre, per le produzioni nostrane, ha una filiera rintracciabile e sicura: l’85% della produzione mondiale di lino arriva dall’Europa e vanta una qualità eccelsa. Spesso è mischiato con altre fibre, anche chimiche, e viene impiegato soprattutto nei tessuti per la casa. In pochi sanno che il lino è una fibra anallergica, termoregolatrice, isolante ed è la più resistente tra i filati naturali. Verrebbe da dire “più lino per tutti”, non fosse che poi la domanda sovrasterebbe l’offerta (rimane pur sempre un prodotto di nicchia e stagionale).
Prima che il proibizionismo italico si imponesse su tutti i settori, la canapa era la fibra tessile più coltivata nel nostro paese. Essendo una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata, per migliaia di anni molte zone d’Italia (ferrarese e Carmagnola in primis) erano una fucina di produzioni tessili da cannabis sativa, ben diversa da quella utilizzata per gli stupefacenti. Da 15 anni la canapa da fibra è stata finalmente reintrodotta nelle filiere italiane grazie ad Assocanapa, che ha portato avanti una strenua battaglia per tornare ad utilizzare questa resistente e versatile fibra. Evviva.
Vanno annoverati tra le fibre naturali di origine vegetale anche il sisal, la juta, la fibra di cocco, il bamboo, il sughero. Non tutte sono prive di impatti ambientali come il cotone, ma hanno plurimi vantaggi: quello dell’ecocompatibilità (provengono tutte da fonti rinnovabili), il grado di confort che assicurano a contatto con la pelle (ideali per pelli delicate e bambini) e la loro biodegradabilità.